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Inserito il 09 gennaio 2009 alle 18:49:09 da webmaster.

Sezione: TURSI
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TURSI

« Quella di Tursi, il mio paese in provincia di Matera,
era una delle tante parlate destinate a scomparire.
Ho dovuto cercare il modo di fissare sulla carta i suoni della mia gente.[3] »
(Albino Pierro in 'A terra d'u ricorde)

Il Paese Lo stemma  Il Santuario di Santa Maria d'Anglona  Il Castello



Tursi
Panorama di Tursi
      Tursi - Stemma
       
Stato: bandiera Italia
Regione: Basilicata
Provincia: stemma Matera
Coordinate: 40°15′0″N 16°28′0″E / 40.25, 16.46667Coordinate: 40°15′0″N 16°28′0″E / 40.25, 16.46667
Altitudine: 243 m s.l.m.
Superficie: 156 km²
Abitanti:
5.216 maggio 2008
Densità: 34 ab./km²
Frazioni: Anglona, Caprarico, Panevino[1] 
Comuni contigui: Colobraro, Montalbano Jonico, Policoro, Rotondella, Sant'Arcangelo (PZ), Scanzano Jonico, Stigliano[2]
CAP: 75028
Pref. telefonico: 0835
Codice ISTAT: 077029
Codice catasto: L477 
Nome abitanti: tursitani 
Santo patrono: San Filippo Neri, Madonna di Anglona 
Giorno festivo: 26 maggio, 8 settembre 

Sito istituzionale
Portale:Portali Visita il Portale Italia


Geografia fisica 

Per approfondire, vedi la voce Geografia della Basilicata.

Centro medievale (circa V secolo) a 243 m s.l.m., nato originariamente attorno al castello e successivamente sviluppatosi nella vallata sottostante assumendo una singolare forma allungata[6]. Il punto più alto del centro abitato è costituito proprio dal castello con un'altitudine di 346 m s.l.m.. La piazza Maria SS. di Anglona, posizionata a valle del centro storico ha un'altitudine di 210 m s.l.m.. Il centro abitato è diviso per gran parte dal torrente Pescogrosso, che prende il nome dagli enormi massi ritrovati lungo il suo corso e sfocia come affluente nel fiume Sinni. Tursi dista poco meno di 20 km dalla costiera jonica, anche se nei pressi della frazione Panevino, che costituisce il confine est del territorio tursitano, il mare dista solamente 6 km.

Territorio 

particolarità dei calanchi di Tursi

Il territorio tursitano confina a nord col fiume Agri e con il comune di Montalbano Jonico, ad est con il comune di Policoro, a sud con il fiume Sinni e i territori di Rotondella, mentre ad ovest con i territori di Sant'Arcangelo, Colobraro e Stigliano.

Di prevalenza collinare è ubicato al centro dei due grandi fiumi della Lucania, l'Agri e il Sinni, che all'epoca della costruzione della città erano navigabili[7]. Attualmente i corsi dei fiumi sono interrotti da due grosse dighe artificiali, il bacino artificiale di Gannano nei pressi della frazione Caprarico, interrompe il corso del fiume Agri e la diga di Monte Cotugno, il più grande bacino artificiale in terra battuta d'Europa[8], nei pressi di Senise, interrompe il corso del fiume Sinni.

I due fiumi sono costeggiati da due delle strade principali della Basilicata e che da loro prendono il nome. La Strada Statale 598 Val d'Agri costeggia l'Agri e la Strada Statale 653 Sinnica costeggia il Sinni. Il terreno circostante è di origine argillosa, un notevole impatto paesaggistico è da attribuire ai calanchi che con l'erosione del tempo hanno assunto forme davvero bizzarre.


Di seguito sono riportate le distanze dalle principali città lucane:


Di seguito sono riportate le distanze dai principali capoluoghi d'italia:

Clima 

La stazione meteorologica più vicina è quella di Montalbano Jonico. Secondo i dati medi del trentennio 1961-1990, la temperatura media del mese più freddo, gennaio, si attesta a +7,4°C, mentre quella del mese più caldo, agosto, è di +25,5°C [10].

MONTALBANO JONICO Mesi Stagioni Anno
Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic Inv Pri Est Aut
Temp. max. media (°C) 11.1 12.3 14.7 18.1 23.1 27.5 31.6 31.7 27.4 22.1 17.3 13.2 12.2 18.6 30.3 22.3 20.8
Temp. min. media (°C) 3.6 4.0 5.7 8.2 12.3 15.6 19.0 19.2 16.2 12.6 8.7 5.2 4.3 8.7 17.9 12.5 10.9

Storia 

Per approfondire, vedi la voce Storia della Basilicata.
Per approfondire, vedi le voci Rabatana, Pandosia (Lucania) e Anglona (Tursi).
Panorama del centro storico, rione Rabatana
Le origini del nome
Ci sono diverse fonti che cercano di spiegare la derivazione della parola Tursi.

Le più accreditate dicono che derivi dal nome di persona, Turcico, un uomo d'armi di origini bizantine, proprietario della zona, che ampliò verso valle l'antico borgo saraceno, rabatana, donando alla nuova zona il nome di Tursikon[12], che successivamente, sotto il dominio normanno divenne Tursi.

Altre fonti, invece, affermano che l'attuale nome derivi da Turris, facendo chiaro riferimento alla torre del castello.

La Siritide 

Per approfondire, vedi la voce Siritide.

Scavi archeologici eseguiti in Basilicata, nei pressi di Anglona, frazione di Tursi, e Policoro, hanno riportato alla luce innumerevoli opere attualmente custodite nel Museo archeologico nazionale della Siritide, accertando l'esistenza di insediamenti risalenti al 3000 a.C. Gli abitanti di queste zone erano denominati Enotri, in particolare però gli abitanti della zona compresa tra i fiumi Sinni ed Agri, venivano chiamati Coni.

A partire dall' VIII secolo a.C., sulla costa ionica, per mano dei Greci provenienti dalla Ionia, furono fondate le città di Siris, attuale Nova Siri, Heraclea, attuale Policoro, Metaponto e Pandosia attuale Anglona.

Siris si ritiene fondata all'inizio del VII secolo a.C. dai popoli dell'Epiro, distrutta da Sibari e Crotone nel VI secolo a.C., dalle sue rovine sorse Heraclea tra il 443 a.C. e il 430 a.C.. Nel IX secolo la città viene menzionata col nome di Polychorium e nel 1126 in un atto di donazione al monastero di Carbone, compare l'attuale nome Policoro.

Pandosia, che confinava con Heraclea, è considerata la più antica città pagana della Siritide. Fondata degli Enotri prima del 1000 a.C., fu molto ricca e importante grazie alla fertilità del terreno e alla posizione strategica. I due grossi fiumi lucani, l'Agri e il Sinni, a quel tempo navigabili e l'antica via Herculea[13] che da Heraclea risaliva per più di 60 km la valle dell'Agri fino alla città romana di Grumentum, agevolavano le comunicazioni e quindi una rapida espansione della città. Nel 326 a.C., in una battaglia contro il popolo dei lucani, venne ucciso Alessandro il Molosso, re dell'Epiro e zio di Alessandro Magno. Nel 281 a.C. fu campo di battaglia tra i Romani e Pirro re dell'Epiro, che corso in aiuto dei tarantini si accampò tra Heraclea e Pandosia. Quest'ultimo, durante la battaglia, usò un gran numero di elefanti, vincendo la Battaglia di Heraclea, ma con un numero di perdite altissimo. Nel 214 a.C. fu teatro di un'ennesima battaglia nel corso della seconda guerra punica tra i Romani e Annibale, re dei Cartaginesi, per conquistare il dominio sul mediterraneo.

Pandosia venne distrutta tra l'81 a.C. e il 72 a.C. ad opera di Lucio Cornelio Silla generale Romano. Dalle rovine di Pandosia sorse, poco prima dell'era cristiana, Anglona cittadina assai fiorente.

Dai Saraceni ai Bizantini 

Per approfondire, vedi la voce Lucania (thema).

Nel 410 i Goti di Odoacre saccheggiarono e semidistrussero Anglona. Per controllare il territorio circostante costruirono un castello su una collina a metà strada tra i fiumi Agri e Sinni. Gli abitanti sopravvissuti della città di Anglona si rifugiarono attorno al castello dando origine alla Rabatana, primo borgo popolato di Tursi[14]

Nel IX secolo, attorno al 826, ci fu un'incursione dei Saraceni, provenienti dall'Africa. Nel 850 gli stessi riuscirono a conquistare gran parte della pianura metapontina, compreso la Rabatana. Abitarono il nascente borgo, lo ingrandirono e furono proprio loro a dargli il nome, a ricordo del loro borgo arabo Rabhàdi. L'impronta saracena è molto presente nelle costruzioni, negli usi e costumi della Rabatana.

Rudere disabitato del centro storico

Nel 890 i Bizantini riconquistarono i territori che una volta appartenevano all'Impero Romano d'Occidente, scacciando definitivamente l'impronta Araba dalle terre lucane. Sotto i Bizantini ci fu uno sviluppo notevole, sia demografico che edilizio e il borgo cominciò ad estendersi verso la valle sottostante, l'intero centro venne chiamato Tursikon, dal suo fondatore Turcico. Verso la fine del X secolo l’imperatore Basilio I costituisce i Thema di Langobardia, di Lucania e di Calabria[15].

Nel 968 Tursi divenne capoluogo del Thema di Lucania[16] negli stessi anni divenne anche sede della diocesi con cattedra vescovile presso la chiesa di san Michele Arcangelo dove nel 1060 si svolse il sinodo dei vescovi.

Dopo l'anno Mille una grossa migrazione dei Normanni, nelle vesti di pellegrini diretti verso luoghi sacri della cristianità, o nelle vesti di mercenari pronti a combattere per un pezzo di terra, giunse ben presto nel sud Italia. Fu facile inserirsi nelle lotte interne tra Longobardi e Bizantini, ottenendo ben presto terre e benefici. I Normanni contribuirono notevolmente alla crescita della città, proprio come fecero successivamente prima gli Svevi e poi gli Angioini.

I Doria 

Dopo la definitiva distruzione di Anglona, venne risparmiato solo il santuario, nel 1400 i restanti cittadini si rifugiarono nella fiorente Tursi. Nel XVI secolo Tursi contava ormai oltre 10.000 abitanti e 40 dottori in legge e nel 1543 vennero unite la diocesi di Anglona e quella di Tursi costituendo la diocesi di Anglona-Tursi, che dal 1546 ebbe cattedra a Tursi.

Nel 1552 Carlo V, imperatore del Sacro Romano Impero assegnò allo statista genovese Andrea Doria il ducato di Tursi. Alla morte dello zio, Giovanni Carlo Doria divenne duca di Tursi e per gratitudine verso i cittadini rinominò la sua abitazione da Palazzo Doria a Palazzo Tursi, attualmente sede del comune di Genova. In quegli anni Giovanni Carlo Doria fece costruire, a sue spese, nel rione Rabatana una enorme scalinata in pietra, tutt'ora utilizzata, che ha la particolarità di possedere lo stesso numero di gradini della scalinata presente nel Palazzo Tursi.

Nel XVII secolo la peste invase le strade di Tursi e quelle dei paesi limitrofi, la popolazione si ridusse drasticamente anche a causa dell’emigrazione. Nel 1769 i Doria persero i terreni che furono acquistati dalle nobili famiglie dei Donnaperna, Picolla, Panevino, Camerino e Brancalasso.

Stemma

Stemma della città di Tursi.

La torre, rappresentata cilindrica e a tre piani, ricorda quella dell'antico castello e delle origini attorno ad esso. Il sole simboleggia la luce e la vita, i due rami di alloro la gloria e la prevalenza su Anglona, gli alberi di ulivo rappresentano la ricchezza della terra. Il sito Comuni italiani[17] descrive così lo stemma:

Blasonatura stemma

  « Di colore celeste chiaro, racchiuso in nastri dorati, sormontati da una corona turrita, porta il disegno di una torre con ai lati due alberi di ulivo sormontati da due rami di alloro con al disopra un sole. »
   

Blasonatura gonfalone

  « Drappo di colore azzurro, caricato dello stemma con l'iscrizione centrata in oro in alto: Comune di Tursi, al centro vi è lo stemma poggiante tra due rami di alloro legati tra di loro con un fiocco centrale tricolore, ancora più in basso insistono decorazioni in oro, la sommità, in metallo appuntita, raffigura lo stesso disegno dello stemma, i cordoni laterali sono dorati. »
   

Caratteristiche dello stemma

Simboli: Torre, Sole, Alloro, Ulivo.

Monumenti e luoghi d'interesse 

Luoghi di culto 

Facciata della Cattedrale

La cattedrale dell'Annunziata 

La cattedrale dell'Annunziata è situata nel centro della città in piazza Maria SS. di Anglona. Dedicata all'Annunziata è stata eretta nel XV secolo ampliando una chiesa preesistente che tuttora costituisce la sacrestia. Nel 1546 fu elevata a cattedrale della diocesi di Tursi-Lagonegro. Nella seconda metà del XVII secolo venne fatta ampliare prima da mons. Sabatini e poi da mons. Quarti[18].

La cattedrale è un imponente monumento a tre navate a croce latina, connessa di sacrestia e casa canonica. La struttura è in muratura portante e all'interno si trovano colonne con archi a tutto sesto. Sulla parete di fondo si trova l'altare dedicato alla Madonna di Anglona, alla sua destra, sotto l'arcata, si trova la fonte battesimale, realizzata da Giovanni Battista da Tursi nel 1754 e due bassorilievi in pietra raffiguranti l'Annunciazione risalenti al 1519. Sul soffitto della sacrestia si poteva ammirare il martirio di San Matteo, pittura del XVIII secolo attribuita a Matteo De Matteis.

Il presbiterio è rialzato di tre gradini rispetto alle navate, per limitare l'area liturgica del vescovo e dei sacerdoti. Nel 1718 venne costruito il campanile per ordine del vescovo Domenico Sabatini. Di pregevole fattura e di inestimabile valore era l'organo a canne posto sull'altare maggiore, venne installato nel 1728 per ordine di mons. Quarti, che andò distrutto durante l'incendio dell'8 novembre 1988, assieme a molte altre opere di valore storico e artistico. Nel marzo 1987, il parroco don Peppino Labanca, con il contributo del clero e dei cittadini, fece elettrificare il movimento delle campane. Poche settimane prima dell'incendio, il 30 ottobre 1988, la cattedrale accolse la visita del cardinale Michele Giordano.

L'incendio e la ricostruzione 
Interno della Cattedrale Il nuovo organo a canne

La notte dell' 8 novembre 1988 la cattedrale subì un primo incendio, attribuito ad un corto circuito elettrico, che distrusse la sacrestia e danneggiò gli arredi e le pitture. Due giorni dopo, nella notte del 10 novembre, un secondo incendio distrusse completamente quello che rimaneva della cattedrale. Le luci all'alba dell'11 novembre mostrarono al popolo tursitano le mura e le macerie fumanti e i volti tristi e stanchi di tutti coloro che inutilmente avevano lottato contro la furia delle fiamme.

Già dal 1989 cominciarono i lavori di ricostruzione. Dieci anni dopo, il 25 dicembre 1999, grazie all'impegno costante del vescovo Rocco Talucci, la porta della cattedrale venne nuovamente aperta in occasione delle celebrazioni natalizie e del Giubileo dell'anno 2000.

Il 25 marzo 2000 avvenne la consacrazione e l'apertura al culto, anche se mancavano ancora molte opere di rifinitura. Il tetto venne completamente ricostruito, le nuove decorazioni ricordano le opere settecentesche dell'artista Delphino, distrutte durante l'incendio.

Nel 2004 sull'altare venne posizionato un enorme crocifisso in legno realizzato e donato dallo scultore Efia Marzotto di Mellaredo, di Pianiga. Il 1° maggio 2006 la cattedrale venne definitivamente inaugurata dal vescovo Francescantonio Nolè, la solenne cerimonia fu presieduta dal cardinale Michele Giordano, con la partecipazione degli arcivescovi mons. Ligorio, mons. Michele Scandiffio, mons. Antonio Cantisani, mons. Cozzi, mons. Franco, mons. Francesco Cuccarese, mons. Orofino e dai parroci della diocesi.

Il portone di bronzo e il nuovo organo 

La facciata della cattedrale è stata impreziosita da un portone in bronzo, del valore di 60 mila euro. Pesa circa 20 quintali, le rifiniture scolpite sul portone rappresentano al centro l'Annunciazione, ai lati sono rappresentate la Madonna di Anglona e San Filippo Neri, in basso: lo stemma del vescovo, lo stemma papale, il ritrovamento di Gesù, il primato di San Pietro, la Pentecoste, la Natività, le nozze di Cana, la Crocifissione, la cena di Emmaus, la presentazione di Gesù al tempio, la moltiplicazione dei pani e dei pesci, la Risurrezione e l'Assunzione di Maria. Le rifiniture sono opera dello scultore napoletano Eduardo Filippo, insegnante all'accademia delle Belle Arti di Cosenza. Il nuovo organo a canne venne donato alla comunità da mons. Francesco Cuccarese, padre molto legato al suo paese e ugualmente amato dai cittadini di Tursi. La sua vita pastorale lo ha da sempre tenuto lontano dalla sua terra, ma nonostante la distanza e gli innumerevoli impegni pastorali è sempre stato vicino alle situazioni difficili che la diocesi di Tursi ha trascorso.

Il santuario di Santa Maria Regina di Anglona 

Monumenti Italiani Questo è un monumento nazionale italiano. Per maggiori informazioni, consulta l'elenco specifico. Santuario Maria SS. di Anglona
Per approfondire, vedi la voce Santuario di Santa Maria Regina di Anglona.

Il santuario di Santa Maria Regina di Anglona è un antico santuario mariano, si trova su di un colle a 263 m s.l.m., nella frazione di Anglona, tra i fiumi Agri e Sinni, a metà strada tra Tursi e Policoro. Nel 1976 divenne sede titolare della diocesi di Tursi-Lagonegro. Dal 1931 è monumento nazionale. Il 17 maggio 1999 il santuario è stato elevato a Pontificia Basilica Minore dal Santo Padre Giovanni Paolo II, a ricordo del Sinodo dei vescovi.

La chiesa di san Filippo Neri 

La chiesa è dedicata al santo patrono della città, san Filippo Neri, la cui festa ricorre il 26 maggio. È situata nel rione San Filippo del centro storico e più precisamente in Piazza Plebiscito. La chiesa è datata 1661, di stile barocco, ha tre navate e conserva pregevoli opere, pitture dell'artista tursitano Francesco Oliva, tra cui un quadro del Santo. San Filippo Neri fu acclamato protettore di Tursi durante il '600, mentre nella città imperversava la peste e il colera.

Negli stessi anni, a metà del XVII secolo venne costruito anche l'oratorio di San Filippo Neri. È una costruzione solida e imponente, si sviluppa su tre livelli ed è costituita da ampi locali, situata nella zona detta pizzo delle monachelle in cima al rione Petto. Nell'ottocento l'oratorio ebbe una notevole importanza spirituale e culturale grazie alla presenza dei frati missionari di San Vincenzo de Paoli.

La chiesa di San Michele Arcangelo [modifica]

La chiesa di San Michele Arcangelo è situata nel rione San Michele, in pieno centro storico. Risale al X secolo e probabilmente è la più antica chiesa di Tursi. La chiesetta, dedicata a San Michele Arcangelo, ha ospitato il sinodo dei vescovi nel 1060. Le pareti interne erano addobbate con quadri e sculture di Antonio Cestone.

La chiesa della Madonna delle Grazie

La chiesa della Madonna delle Grazie è situata nei pressi di via Eraclea, ai piedi del centro storico. È stata costruita tra il XVII e il XVIII secolo. La chiesetta, di stile barocco, è dedicata alla Madonna delle Grazie. Presenta un ampio frontale, con tre porte d'ingresso, sormontato da una monofora campanaria. Nel 1983 è stata restaurata dalla Comunità Montana Basso Sinni, ed arredata con contributi cittadini. Dietro l'altare, si conserva un'antica statua di legno della Madonna col Bambino risalente al settecento e restaurata nel 1983. Il 13 dicembre, per tradizione, i cittadini si recano alla chiesetta portando doni e voti alla statua di Santa Lucia.

Chiesa di Santa Maria Maggiore

La chiesa di Santa Maria Maggiore 

Per approfondire, vedi la voce Rabatana#La Chiesa collegiata di Santa Maria Maggiore.

La chiesa di Santa Maria Maggiore è situata in Rabatana. Costruita nel IX - X secolo ad opera dei monaci basiliani. Il 26 marzo 1546 la bolla del pontefice Paolo III eleva la chiesa a collegiata. Durante gli anni cinquanta la chiesa ha subito dei lavori di ristrutturazione che ne hanno modificato le originarie strutture cinquecentesche. Ultimamente la chiesa è stata riportata agli antichi splendori grazie ad un restauro che ha ovviato quasi totalmente ai danni recati alle strutture cinquecentesche durante la ristrutturazione degli anni cinquanta.

Dopo l'ultimo restauro risultano in ottimo stato il portone del XV secolo e una acquasantiera in pietra del 1518. Nei sotterranei della chiesa è situata una cripta anch'essa risalente al IX - X secolo, probabilmente era l’antico oratorio basiliano. In essa si possono ammirare un incantevole presepe in pietra, scolpito attorno al 1550 dallo scultore Altobello Persio e dal pittore Giovanni Sabatani,[19] [20] [21] un sarcofago in pietra con uno stemma raffigurante San Giorgio, un crocifisso ligneo datato XV - XVI secolo e numerosi affreschi. Nella cripta è inoltre preservato un trittico della scuola napoletana di Giotto risalente al XIII secolo.

La chiesa del Sacro Cuore di Gesù 

La chiesa del Sacro Cuore di Gesù è situata nel rione Sant'Anna. È una chiesa moderna costruita in tempi record per sopperire al vuoto lasciato dalla cattedrale dopo l'incendio che la convolse. Nell'abitato nuovo di Tursi, non era presente una chiesa abbastanza capiente da ospitare tutti i fedeli di quei rioni. Il santuario di Anglona dista circa 10 km dal centro città, mentre le restanti chiese sono tutte di capienza media ed ubicate nel centro storico. Con la riapertura della cattedrale, la chiesa del Sacro Cuore viene utilizzata principalmente per il ritrovo di catechisti, per le prove del coro polifonico e per alcuni riti ed eventi.

Altre chiese 

  • Chiesa di San Rocco
  • Chiesa di Maria SS. Regina del Mondo (in località Caprarico)
  • Chiesa della Madonna del Rosario (in località Panevino)

Monumenti 

Piazze 

Rovine di un vecchio mulino, lungo il corso del torrente Pescogrosso
  • Piazza Plebiscito, sita nel rione San Filippo, fino agli anni '60 era considerata il centro della città.
  • Piazza Maria SS. di Anglona, costruita nel 1951 dal genio civile di Matera, originariamente come consolidamento dell'argine del torrente, è stata riammodernata di recente e costituisce l'attuale centro cittadino. Ospita la sede del municipio e confina con piazza cattedrale, piazza del mercato coperto, piazza del monumento costruita nel 1955 per onore ai caduti e anch'essa riammodernata di recente, e piazza terrazzo sul Pescogrosso costruita nel 2001
  • Piazza Pescogrosso, sita nel rione Sant'Anna è stata costruita nel 1994 ad opera della Comunità Montana Basso Sinni, grazie ad un'opera di riqualificazione e ammodernamento della zona coprendo di fatto una gran parte del torrente Pescogrosso, ed infatti essendo nata sopra di esso prende il suo nome.
  • Piazza fratelli Conte, situata nel rione Sant'Anna, e costruita assieme ad essa durante gli anni '70, è attualmente adibita a terminal bus
  • Piazza San Sebastiano, di recente costruzione ed ancora in fase di completamento è situata nel rione Santi Quaranta, ai piedi del rione Petto. Prende il nome dall'ex convento di San Sebastiano anch'esso in ristrutturazione, ed è stata costruita in vista della costruzione di una funivia per il pizzo delle monachelle, piccola zona che gode di un panorama incantevole, in cima al rione Petto.

Palazzo del barone Brancalasso 

Il palazzo Brancalasso, semplicemente chiamato Palazzo del Barone è situato al centro di piazza Plebiscito, nel rione San Filippo, la sua costruzione è velata da un pizzico di mistero. Un'antica leggenda narra che il palazzo fu costruito in una sola notte da demoni e spiriti degli inferi, i quali, non potendo far ritorno in tempo nel loro regno, si materializzarono alle luci dell'alba sul tetto dell'edificio sotto forma di statue. In realtà in una notte venne delimitato il perimetro del palazzo alla cui costruzione si opponevano i proprietari dei fondi vicini. Le tre statue posizionate su di esso simboleggiano la giustizia, la pace e la carità.

Palazzo del barone Brancalasso

Palazzo Latronico 

Il palazzo Latronico è situato in pieno centro storico, nel rione San Michele, è probabilmente il più grande palazzo di Tursi ed è dotato di un ampio atrio con gradinata interna in pietra e di una caratteristica torre del belvedere. Il palazzo è stato abitato dalla famiglia Latronico fino agli anni sessanta.

Palazzo Pierro 

La casa di Albino Pierro è sita nel centro storico nel rione San Michele. La casa è stata denominata dal poeta, nelle sue poesie, ‘U Paazze. È una costruzione composta da un seminterrato e due piani in elevazione da dove vi si accede. La casa gode di un incantevole panorama, sul torrente Pescogrosso, sul convento di San Francesco e sui dirupi del rione Rabatana, molto probabilmente tutti luoghi di grande ispirazione per il poeta. Dopo la morte di Pierro, la casa è stata ristrutturata e adibita, ai piani superiori, a Biblioteca Pierro dove vengono custoditi molti libri utilizzati dal poeta, in vita, e molte sue opere originali. Questo palazzo è meta di turisti e studiosi provenienti da ogni parte del mondo. La targa marmorea installata dal comune dopo la morte del poeta riporta una citazione tratta dall'epigafre dell'opera Ci uéra turnè.[22].

  « Uèra turnè cchi ssèmpe addu' ci scùrrete,
come nd'i ddrùpe ll'acque, 'a vita mèje
 »
  epigrafe sulla casa natale di Albino Pierro
  « Vorrei tornare per sempre dove ci scorre,
come fra i dirupi l'acqua, la via mia
 »
   
Targa sulla casa natale di Pierro

Altri palazzi 

  • Palazzo Basile, l'originalità di questo palazzo è il grande portone arcato che immette in un ampio atrio
  • Palazzo Guida, ha un portone in legno massiccio sormontato da arco con lo stemma della famiglia
  • Palazzo Ginnari ha un'ampia e pregevole gradinata.
  • Palazzo Santoro, Palazzo Cucari, Palazzo Labriola, Palazzo Vozzi, Palazzo Siderio, Palazzo Donnaperna, tutti situati nel rione Rabatana
  • Palazzo Ranù e Palazzo Margiotta, siti in rione Petto
  • Palazzo Latrecchina, Palazzo De Santis, Palazzo Cristiano-Modarelli, ex palazzi della famiglia Panevino

Ex convento di San Francesco d'Assisi

Monumenti Italiani Questo è un monumento nazionale italiano. Per maggiori informazioni, consulta l'elenco specifico. Convento di San Francesco d'Assisi

Il convento di San Francesco d'Assisi, dell'Ordine dei Frati Minori Osservanti, risale alla prima metà del XV secolo, più precisamente al 1441, sito sulla collina omonima domina sul rione sottostante, Santi Quaranta. Nel seicento divenne seminario di tutte le arti liberali. Sin dalla sua fondazione aveva accolto un noviziato, un professorato ed uno studio di filosofia. Nel 1609 la struttura venne ampliata e arricchita con una biblioteca, molto famosa a quei tempi. Nel XIX secolo i frati cominciarono a diminuire, fino a quando nel 1894 il convento venne adibito a cimitero. Nel 1914 venne definitamente chiuso tranne la chiesetta interna che fu comunque utilizzata fino agli anni cinquanta. Recentemente, con opere di ristrutturazione e riqualificazione del monumento, all'interno della chiesetta, sono rinvenuti delle antiche pitture. Una di queste pitture porta come data 1377 e ciò fa supporre che la chiesa sia stata costruita circa cento anni prima, quindi nella prima metà del XIV secolo. Secondo altre fonti, però, le pitture sarebbero state eseguite nel XVI secolo e rappresenterebbero un evento miracoloso avvenuto nel 1377. Nel 1991 è stato dichiarato monumento nazionale dal ministro Ferdinando Facchiano.

Ex convento di San Rocco 

Il convento di San Rocco, dell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini, risale alla fine del XVI secolo, più precisamente al 1589, sito su una collina di fronte al centro abitato. Negli anni ’90 il vescovo mons. Rocco Talucci concesse l'uso del convento[23] alla Fondazione Exodus Onlus[24] di don Antonio Mazzi, per il recupero dei tossicodipendenti. I ragazzi della fondazione, provenienti da ogni parte d'Italia, hanno ristrutturato il convento e migliorato la zona circostante, creando un campo da calcio a 5, sistemando i selciati e creando una zona panoramica per scorgere, dall'alto, la città.

La piccola chiesetta, all'interno, è anch'essa stata ristrutturata. Il 16 agosto, nel giorno della festa del santo, è ormai consuetudine recarsi al convento per ascoltare la Santa Messa e fare una piccola processione nei pressi del convento.

Il Castello 

Per approfondire, vedi la voce Rabatana#Il Castello.
Sotterranei del castello gotico

Costruito dai Goti attorno al V secolo per difesa del territorio è situato a 346 m s.l.m. Ad oggi sono solo rimasti i resti di quello che fu un castello gotico, alcune parti però, come i cunicoli sotterranei, sono rimasti intatti fino all'inizio del novecento. Recenti scavi archeologici hanno portato alla luce, scheletri, tombe, monete, frammenti di anfore e palle ogivali di piombo recanti la scritte EYHfIDA (greca) e APNIA (latina), queste opere sono attualmente esposte nel Museo archeologico nazionale della Siritide di Policoro. Da atti del 1553, tra la città di Tursi e il marchese Galeazzo Pinelli, si scopre che il castello è stato abitato fino al XVI secolo. Il castello aveva una superficie di oltre 5000 m2, misurava 400 palmi di lunghezza e 200 di larghezza, era costruito su due piani e aveva due torri cilindriche a tre piani. Dentro le mura di cinta erano presenti un giardino, delle cantine, alcune cisterne e comode abitazioni per i baroni; l’ingresso era regolato da un ponte levatoio. Fu dimora di numerosi signori, principi e marchesi, ma durante i periodi di guerra diventava una vera e propria fortezza. Un'antica tradizione crede all’esistenza di un cunicolo tra la chiesa di Santa Maria Maggiore nel rione Rabatana e il castello, che doveva consentire ai signori di recarsi in chiesa indisturbati.

Monumento ai caduti

Monumento dedicato ai caduti per la patria

La città di Tursi ha contribuito con molti uomini durante la prima e la seconda guerra mondiale, e proprio in onore ai caduti tursitani che l'amministrazione comunale, guidata dall'allora sindaco Armando Di Noia, fece ereggere il monumento.
Il monumento ai caduti è situato in piazza monumento e la costruzione risale al 1970, recentemente è stato ristrutturato e spostato leggermente per donargli una posizione più centrale. Sui lati del cippo marmoreo si leggono i nomi dei caduti sul fronte e la seguente iscrizione:

  « I nostri morti per la patria
non sono degli assenti,
sono degli invisibili,
che fissano i loro occhi
pieni di gloria,
nei nostri pieni di lacrime
 »
  Tursi, AI SUOI CADUTI, 1970

Società 

Evoluzione demografica 

Il comune conta, al 31 dicembre 2007[25], 5.222 abitanti cosi ripartiti: 2.613 maschi e 2.609 femmine. Le famiglie sono 1.991, le convivenze registrate 3 e la media di componenti per famiglia è 2,6 (superiore alla media nazionale che è di 2,5, e invece in perfetta media con l'analogo valore della regione).

Località m.s.l.m. Popolazione[26]
CAPRARICO 160 32
PANEVINO 137 44
TURSI 210 4.781
Borgo Panevino 140 16
Caprarico sotto 120 22
Caprarico vallo 130 62
Ginnari 188 24
Trafana 110 45
Villaggio Anglona 263 15
Case Sparse - 469

Il comune, negli ultimi decenni ha conosciuto, come molti comuni del mezzogiorno, una lieve e costante decrescita della popolazione dovuto principalmente alla diminuzione del tasso di natalità e al fatto che molti giovani decidono di perfezionare gli studi universitari in città del centro-nord, soprattutto Milano, Bologna e Roma[27]. Una volta laureati difficilmente trovano un mercato del lavoro capace di assorbire figure professionali specializzate, all'interno del paese.
Abitanti censiti


Etnie 

Tursi ha conosciuto un'ampia emigrazione durante il Novecento, prima verso le Americhe, successivamente verso l'Europa settentrionale (soprattutto in Germania) e l'Italia nord-occidentale (soprattutto Genova, dove si contano alcune migliaia di tursitani), oggi invece è diventata una destinazione per immigrati extracomunitari, cominciata con l'esodo albanese nel periodo 1991-1997[28].

Sebbene i valori siano ancora molto lontani dalla media italiana, gli stranieri regolari sono 179 (89 maschi e 90 femmine) pari al 3,43% della popolazione tursitana. Le comunità maggiormente rappresentate sono:[29]

Nazione Stranieri regolari sul totale degli immigrati sulla popolazione residente
bandiera Albania 99 55,31 % 1,90 %
bandiera Romania 54 30,17 % 1,03 %
Altre 26 14,52 % 0,50 %
       
  179 100,00 % 3,43 %

Tra le altre troviamo molti paesi dell'est come: Ucraina, Polonia, Bulgaria, Russia, Moldavia e anche Marocco, Canada e Repubblica Dominicana.

Lingue e dialetti 

Per approfondire, vedi le voci Albino Pierro e dialetto metapontino.

Il dialetto tursitano fa parte del cosiddetto dialetto metapontino, anche se a Tursi, c'è una diversità fonetica dovuta alla trasformazione della vocale a in e all'interno delle parole e della terminazione per s di molte altre parole come ad esempio:

  • vèv ala chès (vado a casa),
  • quànn tòrns? (quando torni?),
  • lass'm stè (lasciami stare).

Le poesie di Albino Pierro sono state tradotte in molte lingue, non solo europee, anche per questo è stato pubblicato un dizionario[30]

Detti tursitani 

Il significato va ben oltre la normale traduzione:

  • Si vo iabbè u vicine, cùcchete tarde a sère e ìavezete prèste a matinè / Se vuoi gabbare il vicino, vai a letto tardi la sera e svegliati presto la mattina
  • S’ u ciucce nu vò vive, a vogghie a fischè / Se l’asino non vuole bere, ai voglia a fischiare!
  • U pirucchie ‘nda farine s’ crèrete muunère / Il pidocchio nella farina si crede molinaro
  • Iummèra mute nun cì passé, cà te poie nechè / Fiumara calma non passarci, che puoi annegare
  • I guèie da pignète le sapete ‘a cucchiera / I guai della pignatta[31] li conosce solo il mestolo[32]
  • Pigghiete u bbone quanne llèie ca u mèhe nun manche mmèie / Prendi il buono quando ce l’hai che il male non manca mai
  • Addù ci sù tante jalle nun ffè mèie jurne / Dove ci sono tanti galli non fa mai giorno[33]
  • Attàcch u' ciùcch add' vòt u' patrùne / Attacca l'asino dove vuole il padrone[34]
  • U voje chiàm' t curnùt u' ciùcc / Il bue chiama cornuto l'asino[35]
  • Sì còm u' pèd d' pitrusìn / Sei come la pianta del prezzemolo[36]

Religione 

Per approfondire, vedi le voci Diocesi di Anglona e Diocesi di Tursi-Lagonegro.
Basilica di Anglona, sede titolare della diocesi

Nel 968 la prima sede vescovile di rito bizantino venne istituita a Tursi[37] e fino all'inizio del XII secolo la diocesi adottò il rito bizantino. Nel 1110 la sede vescovile di Tursi venne trasferita ad Anglona[38], poiché meglio disposta strategicamente e per la presenza, sulla collina, di un edificio religioso particolarmente importante, il Santuario di Santa Maria Regina di Anglona, e la diocesi assunse il nome di diocesi di Anglona. Successivamente, con la decadenza della città di Anglona e lo sviluppo di Tursi, papa Paolo III per dirimere le liti tra la curia e la camera baronale, con decreto concistoriale dell'8 agosto 1545, diretto al vescovo Berardino Elvino, sancì il trasferimento della sede vescovile di Anglona nella città di Tursi. Sede della cattedra fu la chiesa di San Michele Arcangelo, soltanto otto mesi dopo, lo stesso Pontefice con la bolla del 26 marzo 1546, trasferi definitivamente la cattedra episcopale a Tursi, nella chiesa dell'Annunziata e ordinò ai vescovi di mantenere il titolo di diocesi di Anglona-Tursi. L'8 settembre 1976, a seguito della creazione della Regione ecclesiastica Basilicata assunse il nome di diocesi di Tursi-Lagonegro. Anglona, invece, divenne sede titolare di diocesi. Suo primo vescovo titolare dal 1977 al 1991 è stato Andrea Cordero Lanza di Montezemolo poi divenuto cardinale.

La diocesi ha 72 parrocchie e una superfice di 2.509 km². Nel 2004 contava 131.500 battezzati su 132.500 abitanti, pari al 99,2% di battezzati della popolazione totale.

Tradizioni e Folklore 

Molte tradizioni tursitane si rifanno ad avvenimenti religiosi.

u umnnàrie, il Falò di San Giuseppe, durante lo spegnimento a fine serata.
  • La sera del 18 marzo è tradizione bruciare le frasche[39], raccolte tra i campi durante le potature, creando così grandi falò. La gente del luogo chiama l'evento u umnnàrie riferito al Falò di San Giuseppe[40]. Tra i rioni c'è una sorta di competizione nella preparazione dell'evento, facendo una vera e propria gara su chi ha la migliore organizzazione. I cittadini si soffermano attorno al fuoco dove viene arrostita della carne e si balla a suon di tarantelle, suonate dal vivo da cittadini d'eccezione. Durante la serata si svolge anche la Festa della Focaccia. L'evento è molto antico e si svolge nella notte tra il 18 e il 19 marzo, giorno della festività di San Giuseppe nonché Festa del Papà. Con questo rito antichissimo si ricorda la sacra coppia di giovani sposi (San Giuseppe e la Madonna), in un paese straniero ed in attesa del loro Bambino, che si videro rifiutata la richiesta di un riparo per il parto.
  • Un'antica leggenda narra di un giovane pastorello che, mentre pascolava il suo gregge sulla sommità della collina Variante, a metà strada tra Tursi ed Anglona, vide avvicinarsi una bellissima Signora, che gli chiede di recarsi in paese, per invitare gli abitanti del luogo ad andarLa a prendere. La gente prima incredula, poi sempre più curiosa si dirige sulla sommità della collina dove ritrova la statua della Madonna e la riporta nel suo santuario. Da allora tutti gli anni, l'ultima domenica di aprile, la Madonna viene portata a spalle per un percorso di oltre 10km, dal santuario di Anglona alla cattedrale dell'Annunziata di Tursi.
  • Nel periodo pasquale è usanza allestire in chiesa il santo sepolcro, portando il sabucco, piccoli piatti e cestini con germogli di grano. La preparazione di questi cestini è abbastanza lunga, infatti durante il periodo di quaresima si pongono dei semi di grano in uno piccolo strato di terriccio o di cotone umido. Il cestino è conservato in un luogo buio ed umido in modo da consentire la crescita dei germogli in maniera lineare.
  • Il 13 giugno il giorno della festa di Sant'Antonio da Padova è tradizione recarsi a messa con un cestino pieno di panini. Durante la celebrazione i panini vengono benedetti dal vescovo e successivamente, tra le strade della città vengono donati alla gente meno abbiente.
  • Il 13 dicembre, in occasione della festività di Santa Lucia, è uso locale cuocere il grano in pignatte di terracotta e mangiarlo, il giorno seguente, assieme a tutta la famiglia, con zucchero e cacao o fritto con peperoncino e cipolla.
  • Il 2 febbraio giorno della candelora si usava benedire delle candele e conservarle sul capezzale del letto, per accenderle durante un temporale o quando un parente stava per esalare l'ultimo respiro. Ormai questa tradizione è quasi caduta in disuso.
  • Anche il carnevale è ricco di tradizioni, alcune ormai cadute in disuso, infatti in passato si usava portare le serenate in casa degli amici o sotto la finestra della morosa, al suono del cup cup. I ragazzi si vestono in maschera e girano il paese raccogliendo regalini. Tra le vie del paese scorre la classica sfilata dei carri che si conclude bruciandoli in piazza alla morte di carnevale.

Cultura

Istruzione 

Biblioteche 

Sono presenti alcune biblioteche, in buon numero rispetto agli abitanti.

Palazzo Pierro.
  • Biblioteca Comunale, situata nel corso principale, in via Roma, è ben accessibile da qualsiasi punto della città, ben fornita risulta utilissima per gli studenti di scuole elementari e media inferiori e superiori.
  • Biblioteca Vescovile, è situata in pieno centro, nei pressi del municipio e della cattedrale dell'Annunziata. Conta di un buon numero di libri, molti dei quali antichissimi. I tomi più vecchi sono stati ristrutturati e sono custoditi presso la casa vescovile, sono però visionabili copie identiche di tali opere.
  • Biblioteca "A. Pierro", situata presso il palazzo Pierro nel rione San Michele del centro storico. Originariamente era la casa del poeta Albino Pierro, dopo la sua morte venne ristrutturata dal comune e adibita a biblioteca. Sono presenti molti libri utilizzati dal poeta nei suoi anni di vita e moltissime opere originali di Pierro.

Scuole 

Nel rione Santi Quaranta ha sede l'ITCG M.Capitolo[41] (Istituto Tecnico Commerciale per Geometri e Tecnici del Turismo), è presente anche una succursale nel rione Cattedrale. L'ITCG nacque originariamente nel 1973 come succursale dell'ITC Loperfido di Matera solo nove anni dopo, contava già un buon numero di classi che gli valsero, nel 1982, l'autonomia giuridica e amministrativa. Nel rione Sant'Anna è presente anche un Istituto Professionale. Per le altre scuole troviamo l'Istituto Comprensivo Statale Albino Pierro che comprende tutte le scuole inferiori statali, tra cui elenchiamo: la scuola media inferiore San Andrea Avellino sita in via Roma, la scuola elementare Albino Pierro sita in via Roma, la scuola elementare situata nella frazione di Panevino e le scuole dell'infanzia, Il Girasole nel rione Santi Quaranta, L’Arcobaleno nel rione Sant’Anna, Carmela Ayr nel rione San Michele e la scuola materna con sede nella frazione di Panevino. Oltre alle scuole statali è presente anche una scuola materna Vescovile nel rione Piana.

Musei 

alcuni reperti rinvenuti tra Pandosia ed Heraclea
Per approfondire, vedi la voce Museo archeologico nazionale della Siritide.

Sulla collina di Anglona sono state scoperte tombe a cumulo[42] risalenti alla prima metà del VIII secolo a.C., e alcune necropoli ellenistiche e romane, che custodivano ricchi corredi, di cui molti sono esposti nel Museo archeologico nazionale della Siritide di Policoro.

Recenti scavi archeologici[43] nei pressi dei resti del castello gotico di Tursi, hanno portato alla luce scheletri, tombe, monete, frammenti di anfore e palle ogivali di piombo recanti la scritte EYHfIDA (greca) e APNIA (latina), quest'ultime, usate come armi di lancio durante un assedio al castello.

Media 

Stampa 

  • Giornali
    • I Tursitani[44], bimestrale. Iniziativa editoriale intrapresa dal comune nel 2004
    • Il Ventilatore[45], iniziativa di volontariato onlus
    • Mete!, mensile curato dal ITCG M. Capitolo di Tursi
    • La Stella di Anglona, pubblicazioni dell'ottocento curate dalla curia vescovile
    • L’Orfanello di San Rocco, pubblicazioni del 1950 curate dalla curia vescovile
    • Il Dialogo, pubblicazioni recenti curate dalla curia vescovile

Cucina 

<_div style="" pupàcce="" crusk="" class="image" href="http://it.wikipedia.org/wiki/File:Peperoni_secchi.jpg"> pupàcce crusk (peperoni croccanti)
Per approfondire, vedi le voci Basilicata#Cucina e gastronomia e Prodotti agroalimentari tradizionali della Basilicata.

Originariamente il pane era fatto in casa. Ad oggi, molti panifici locali fanno ancora il pane casereccio e per questo troviamo: a pitta (una specie di ruota piana) e u piccillète (una sorta di ciambellone bianco a forma di volante), tra le focacce troviamo a caccallèt che può essere dolce, con l'uva sultaninala, e salata con i ciccioli [46]. La focaccia classica è chiamata volgarmente vruscète ed è generalmente condita con pomodori e peperoni. Nelle sere invernali, davanti al focolare si consuma la ffella-rusch, una fetta di pane abbrustolita al fuoco e condita con strutto o un filo d'olio, sale e pupàcce pisèt (peperone macinato), ricavato macinando i pupàcce crusk (peperoni secchi e croccanti).

Il piatto più tipico, è quello dei frizzuli ca' millica o maccaruni ca' millica, ossia maccheroni lavorati col ferro a sezione quadrata (da calza o di ombrello) e conditi con sugo di pomodoro e mollica di pane fritta. Tra i primi piatti troviamo anche i raskatelle pupàcce e pummidòre, cavatelli col sugo di pomodori e peperoni freschi [47].

Quando si uccideva il maiale, nulla andava perduto, a cominciare dal sangue che serviva per la preparazione del sanguinaccio. Le parti meno nobili, quali le cotiche, il lardo, le interiora venivano utilizzate, nella preparazione delle frittole (ciccioli) e della nnuglia che era detto salame pezzente poiché fatto con gli scarti della carne. Questi alimenti sono usati principalmente come contorni, o cucinati insieme alle verdure, nella preparazione della minestra maritata [47].

Dopo il maiale, la carne più consumata era quella ovina, usata per la preparazione dei Gghiommaricchie, degli involtini di interiora fatti solitamente alla brace o infornati in una teglia con le patate [47]. Nel periodo pasquale è usanza fare i cavzòn (calzoni tipici ripieni di salsiccia, o di verdure o di patate), mentre nel periodo natalizio si preparano le crispelle (morbide ciambelle di pasta lievitata e fritte in abbondante olio, o panzerottini fritti ripieni con peperoni secchi e alici), i panzèrott e uand (panzerottini fritti ripieni di crema ai ceci, e dolci tipo chiacchiere) [48]. Tra i vini traviamo il Matera DOC.

Altri piatti tipici tursitani sono [47]:

  • cicorjè e fèv - cicorie e fave,
  • finucch' e fasul - minestra di finocchi e fagioli,
  • Mugnèm chièn - Melanzane ripiene,
  • Pastùrej,
  • Zuppa di lumache,
  • Insalata d'arance.

Personalità legate a Tursi [49] 

Di ieri 

Di oggi 

Cittadini onorari 

Eventi 

una delle tante esposizioni delle manifestazione Le Vie dell'Arte

Gli eventi più importanti di Tursi sono le feste popolari religiose. La più conosciuta e importante a livello locale è senz'altro la Festa della Madonna di Anglona che viene festeggiata ogni 8 settembre. La festa è preceduta da fiere, sagre e concerti di ogni genere, che si alternano sul sacro colle di Anglona a cominciare dal 2 settembre.

Durante l'anno vengono organizzate anche diverse manifestazioni di livello culturale. Tutti gli anni, tra agosto e settembre si svolge il Premio Pierro, gara regionale, di poesia dialettale in onore del poeta tursitano Albino Pierro. Tra luglio ed agosto, invece, si svolge l'ormai classico appuntamento con Le Vie dell'Arte[58], manifestazione estiva organizzata dell'Associazione Culturale ONLUS IlVentilatore tra le viuzze del centro storico, dove vengono esposte opere e creazioni di artisti locali. Tra il mese di maggio e il mese di giugno è solitamente previsto il motoraduno organizzato dal Motoclub Southern Bikers Tursi[59] dove oltre 400 moto, provenienti da tutto il sud Italia, occupano per intero la piazza principale della città.

Ogni 20 del mese si svolge il Mercato Cittadino lungo tutto il rione Sant'Anna, allargandosi fino ad occupare una parte del rione Piana e tutta piazza Pescogrosso. Ogni martedì invece è previsto il mercatino rionale che si svolge sempre nel rione Santi Quaranta, tranne che per il primo martedì del mese che invece è in piazza Pescogrosso.

  • Il 26 Maggio si svolge la festa patronale dedicata a San Filippo Neri con la consueta processione tra le vie del paese, portando a spalle la statua del santo. Durante il resto della giornata vengono organizzati giochi in piazza, installate giostre e allestiti stand lungo tutto il corso cittadino.
  • Il 16 agosto si svolge la festività di San Rocco presso l'omonimo convento. Si recita la Santa Messa e si va in processione con, a spalle, la statua del santo. La serata viene trascorsa nei pressi del convento dove i ragazzi della Fondazione Exodus preparano della pizze e si assiste ad un piccolo concerto di artisti locali.
  • Il 2 settembre si allestisce una fiera sul sacro colle di Anglona.
  • L' 1 ottobre si svolge la Sagra del Percoco Settembrino dove si può gustare il percoco bianco D.O.P. di Tursi.

Geografia antropica 

Suddivisioni storiche 

scorcio del rione Rabatana

Rioni del centro storico 

Per approfondire, vedi la voce Rabatana.

rione Rabatana
La Rabatana è sicuramente il primo rione abitato di Tursi, nato originariamente attorno al castello nel V - VI secolo dai fuggiaschi della città di Anglona (attuale frazione di Tursi).

rione San Michele
Il rione San Michele prende il nome dall'omonima chiesa, ed è il rione più antico dopo la Rabatana. Risale al X secolo e ad oggi è ancora abitato da diverse famiglia. Le case sono costruite in pietra e le strade sono strette e anch'esse in pietra. Nel rione è presente il palazzo Latronico, uno dei più grandi palazzi di Tursi e la casa natale del poeta Albino Pierro, ora divenuta una biblioteca.

< viottoli del rione San Filippo

rione San Filippo
Il rione San Filippo prende anch'esso nome dall'omonima chiesa che si affaccia su piazza plebiscito. Costruito attorno al XVII secolo, fino agli anni '60 era ritenuto il centro del paese e disponeva di tutti gli uffici pubblici successivamente spostati nell'attuale centro città. In questo rione è presente, oltre a piazza plebiscito, il palazzo del Barone Brancalasso, sicuramente uno dei palazzi più suggestivi di Tursi, velato persino da un pizzico di mistero. Attualmente è presente una sede dalla posta e una scuola materna. Le strade sono ovviamente in pietra e in prevalenza, strette e ripide.

rione Petto/Pandosia
Il rione Petto è sicuramente il più caratteristico di Tursi, per l'originale disposizione delle case che sono addossate le une sulle altre e praticamente aggrappate alla ripida timpa sottostante. Le abitazioni scendono pian pian verso il basso fino a raggiungere il nuovo rione Santi Quaranta. Le strade hanno un forte pendio e costruite completamente con ciottoli.

rione Cattedrale, Catuba e Vallone
Il rione Cattedrale ingloba di fatto il rione Catuba, esposto ad ovest e ben conservato, e il rione Vallone, zona bassa e centrale della città. Nel rione è presente la cattedrale dell'Annunziata che dà sulla piazza Maria SS. di Anglona, attuale centro città. Sulla piazza è presente anche il recente municipio costruito nel secondo dopoguerra.

Rioni fuori dal centro storico 

rione Piana/rione Europa
Il rione Europa sorge lungo la sponda destra del torrente Pescogrosso. Il nome del rione deriva dalle vie che sono intitolate agli stati europei, ma viene anche chiamato Piana poiché sorto in una zona pianeggiante. Nel 1983 il torrente straripò e molte abitazioni subirono gravi danni, successivamente si costruirono artificialmente gli argini al Pescogrosso. Le case sono costruite prevalentemente in tufo e le strade pavimentate con lastroni di pietra.

parte del rione Santi Quaranta in basso, si intravede anche il rione Rabatana in alto e il rione Petto che collega i due.

rione Costa
Il rione Costa nasce ai piedi della collina di San Rocco e prende proprio il nome dalla posizione in cui è sorto. Via roma lo separa dal rione Piana. Quest'ultima via è il corso principale della città, lungo la quale sorgono la scuola media e la scuola elementare. La costruzione delle case e la grandezza delle strade lo rende simile al rione Piana, tranne che per i dislivelli di quest'ultime.

rione Sant'Anna
Il rione Sant'Anna sorge lungo la sponda sinistra del torrente Pescogrosso. Prende il nome dal vecchio convento di Sant'Anna, attualmente adibito ad Istituto Professionale. La costruzione di questo rione è iniziata negli anni '70 ed è di fatti uno dei rioni moderni della città. Vi è anche presente la via più lunga e comoda di Tursi, viale Sant'Anna, che costeggia il torrente e che nel giorno 20 di ogni mese si svolge il consueto mercato mensile. Le strade sono abbastanza ampie ed asfaltate e fiancheggiate da nuove abitazioni a 5 piani in cemento armato.

rione Santi Quaranta
Il rione Santi Quaranta è senz'altro il più moderno di Tursi, le costruzioni sono cominciate verso la fine degli anni '70 ed è a tutt'oggi in espansione. E' sicuramente il rione meglio esposto, in una zona abbastanza pianeggiante detta la piana di Santi Quaranta, e prosegue lungo il corso del torrente. Prende il nome dalla piana omonina nella quale secondo un'antica leggenda furono trucidati 40 martiri cristiani. Comprende costruzioni di tipo popolare e numerose abitazioni in cooperative, le strade, modernissime, sono ampie e asfaltate. Nel rione è presente un campo sportivo, un campo da tennis, una scuola materna e la moderna sede dell’ITCG "M.Capitolo" (Istituto Tecnico Commerciale, per Geometri e tecnico Turistico).

Economia 

Agricoltura 

campi in semina

La città ha un'economia prevalentemente agricola, diffusissime sono le coltivazioni di agrumi e alberi da frutto. Rinomate sono le arance di Tursi i partajall o portogallo, importate attorno all'anno mille dai Saraceni, hanno subito, nel corso degli anni, una sorta di modifica genetica naturale che le ha rese uniche nella loro specie.

Questo tipo di arancia denominata Arancia Staccia prende il nome da un antico gioco simile a quello delle bocce in cui si utilizzava la staccia, una pietra piatta e levigata. Infatti l'arancia staccia è pressocchè piatta e schiacciata ai poli, matura in marzo, ha un peso medio molto alto e può tranquillamente raggiungere un chilogrammo. La particolare buccia è molto spessa e soffice, la polpa è senza semi e il sapore è squisito e impareggiabile. Questa particolare arancia è presente solo nel territorio dei comuni di Tursi e il vicino Montalbano Jonico. L'enorme diffusione delle coltivazioni di agrumi, nell'ultimo secolo, soprattutto nella zona di Anglona, hanno dato il nome alla vallata sottostante al sacro colle di Anglona, denominandola Conca d'Oro[61]. Il 30 gennaio 2007 si è attivato un progetto del Consorzio per la Tutela e Valorizzazione dell’Arancia Staccia di Tursi e Montalbano Jonico[62] per richiedere il riconoscimento comunitario D.O.P. Molto diffuse sono anche le coltivazioni di Percoco di Tursi di cui è stata richiesta l’Indicazione geografica protetta, IGP. Si coltiva anche la vite, da cui si ricava il Matera DOC.

Allevamento 

Anche l'allevamento è abbastanza diffuso, come nel resto dell'entroterra lucano. E' molto diffuso l'allevamento di ovini e caprini e di conseguenza la produzione di pecorino e formaggi caprini e di carne d'agnello e capretto.

Turismo 

Il turismo, fino a qualche anno fà poco sviluppato ha registrato un forte aumento, negli ultimi anni, soprattutto grazie ai lavori di riqualificazione, del centro storico Rabatana. Anche i due monumenti nazionali presenti nella città, il Santuario di Santa Maria Regina di Anglona e l'ex convento francescano, sono stati restaurati di recente. All'interno del santuario sono stati restaurati innumerevoli dipinti e dopo l'elevazione dello stesso a basilica, è stato riattrezzato l'intero colle.

Infrastrutture e trasporti 

Per approfondire, vedi la voce Elenco strade statali e provinciali della Basilicata.

Strade 

I collegamenti stradali principali sono rappresentati da (vedi):

Ferrovie 

I collegamenti ferroviari sono assicurati dalla stazione di Policoro-Tursi, quindi verso tutte le località servite dalla Ferrovia Jonica.

La stazione di Policoro-Tursi sorge a circa 25km dal centro abitato di Tursi e a soli 6,5km dal confine territoriale di Tursi. La stazione ferroviaria è situata nei pressi di Policoro Lido, sulla costa jonica. La stessa alla sua costruzione era semplicemente chiamata stazione di Tursi, ma con la nascita di Policoro (comune nel 1959) e il suo boom demografico degli ultimi decenni, ha cambiato più volte nome prima in stazione di Tursi-Policoro ed infine in stazione di Policoro-Tursi.

Aeroporti 

Gli aeroporti più vicini sono:

Amministrazione 

Centralino del comune: 0835 531205
Posta elettronica: sindaco@comune.tursi.mt.it

Amministrazioni precedenti 

Per approfondire, vedi la voce Sindaci di Tursi.
Periodo Primo Cittadino Partito Carica Note
1 dicembre 1993 26 marzo 1997 Giuseppe Cassavia - Sindaco  
17 novembre 1997 26 maggio 2002 Antonio Giovanni Guida centro sinistra Sindaco  
27 maggio 2002 26 maggio 2007 Salvatore Caputo Forza Italia Sindaco  

Gemellaggi 

Tursi è gemallata con:

Sport 

La Polisportiva Aurora Tursi, squadra di calcio della città, fondata nel settembre 2007 dalla fusione della Polisportiva Pandosia e Aurora Tursi, ha disputato l'ultima stagione in seconda categoria girone c classificandosi al primo posto, con 51 punti davanti a R. Senise 49 e Castelluccio e Agromonte 48, facendo registrare punteggio pieno nelle 13 partite disputate in casa e conquistando una storica promozione[66] che si aspettava ormai da 50 anni.

Impianti Sportivi 

  • Stadio Mimmo Garofalo, inaugurato il 3 giugno 2007, dagli allievi della Juventus, durante la prima partita[67] del XI Torneo Gaetano Scirea[68] disputata contro gli allievi del Bari. Tra le fila della Juventus era presente anche Filippo Boniperti, nipote del grande campione ed indimenticabile presidente Giampiero Boniperti. Lo stadio è munito di campo in erbetta, dispone di un vasto parcheggio ed è situato in zona Pontemasone a circa 2 km dai primi abitati. Dispone di 500 posti a sedere[69], su di una tribuna coperta e di ottimi spogliatoi e di una buona illuminazione notturna.
  • Campo Sportivo Comunale, situato in rione Santi Quaranta di fianco all'ITCG M.Capitolo, viene utilizzato per gli allenamenti della società calcistica e per le partite delle giovanili.
  • Campo da Tennis Comunale, situato in rione Santi Quaranta

Galleria Immagini 

Per ulteriori immagini di Tursi, visita la Galleria d'immagini su Commons
Santuario di Anglona Santuario di Anglona lato ovest affreschi Santuario di Anglona
vista del rione Rabatana vecchio mulino in rovina Tursi in notturna
 
statua della Madonna di Anglona Panorama Tursi  


Note 

  1. ^ dati Istat 2001. URL consultato il 20 novembre 2008.
  2. ^ dati del ministero dell'ambiente. URL consultato il 20 novembre 2008.
  3. ^ A terra d'u ricorde. URL consultato il 20 novembre 2008.
  4. ^ Dati Istat a maggio 2008. URL consultato il 01 dicembre 2008.
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  33. ^ riferito soprattutto ad un gruppo di pesone generalmente dominanti (che vogliono avere ragione a tutti i costi) che hanno idee discordanti ma lo stesso fine. L'obiettivo probabilmente non si raggiungerà mai.
  34. ^ in ambito lavorativo, fai quello che ti dice il "capo" e basta, anche se in un altro modo può essere fatto meglio o più velocemente al "capo" non sta bene.
  35. ^ tra i due è il bue ad avere le corna, ma dice all'asino di essere cornuto quando in realta il cornuto è lui. È una semplice metafora riferita alle normali liti quotidiane
  36. ^ La metafora si rifà all'enorme uso del prezzemolo in cucina. Sta per sei sempre ovunque e viene usato principalmente per esortare l'interessato a non intromettersi in affari che non gli riguardano.
  37. ^ Si evince dalla Relatio de legatione Costantinopolitana di Liutprando, vescovo di Cremona
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